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Fin dal suo concepimento il mito di Achille si caratterizza per essere destinato a diventare archetipico dell'eroe: così appare nei primi versi dell'Iliade, così viene poi percepito e tramandato da gran parte della letteratura e della filosofia successiva. Tutte le storie e le vicende del più grande e famoso eroe della Grecia antica qui rivivono per la prima volta raccolte insieme in un saggio che sembra un romanzo, ma si fonda invece su una massima fedeltà alle fonti letterarie greco-romane. L'autore esperimenta un nuovo modo di raccontare il Mito tramite un linguaggio veloce, evocativo, intenso, che intreccia in una fitta foresta di rimandi il racconto di Achille. L'eroe greco appare allora come una figura giovanissima, un fanciullo mai cresciuto, un personaggio vivo, senza tempo, ricco di una selvaggia e antichissima sapienza. Un eroe paradossale, sempre inattuale, fatale, già quasi nichilista e proprio per questo a noi vicino, come fosse un amico, un parente, una forza della natura. L'intera antichità e tutto il Mito greco vengono quindi riletti da Prati alla luce di Achille, il quale assume così una posizione universale e centrale nella storia ideale e culturale di quello strano mistero chiamato "Uomo". Dall'Achille di Omero all'Achille di Carmelo Bene, cioè fino alla nostra contemporaneità colta nei suoi aspetti lirici e tragici.